Recensione Pubblicata su “Lo Straniero” diretta da Goffredo Fofi

PER BERNERI (Mantova)

Lo scorso dicembre al Teatro Ariston di Mantova è andato in scena un difficile e coraggioso spettacolo della compagnia Zero Beat dedicato alla vita dell’anarchico Camillo Berneri. Zero Beat è una piccola cooperativa di giovani artisti e saltimbanchi che ha per base Quingentole, un minuscolo centro del mantovano immerso nelle nebbie del Po. Accomunati dalla frequentazione del DAMS bolognese e da un interesse per la sperimentazione nell’ambito delle arti legate allo spettacolo, ormai da dieci anni gli Zero Beat si muovono tra laboratori organizzati nelle scuole e nei centri culturali, attività di ricerca teatrale e musicale, produzione di spettacoli e audiovisivi. L’ultima loro fatica si intitola E.R.O. Camillo Berneri e fa seguito a una rilettura dell’Orlando furioso, prodotta nel 2005 e realizzata con tecniche di strada (trampoli e fuochi).

Anche questa volta, gli Zero Beat cercano l’interazione tra video, creazione sonoro-musicale e teatro di figura. Il titolo, E.R.O., nasconde – sotto la forma di un misterioso acronimo – l’indicativo imperfetto del verbo essere, introducendo un tema centrale dell’intero spettacolo, quello della narrazione autobiografica. Nello stesso tempo, E.R.O. contiene le prime tre lettere della parola “Eroe”. Così Pavani spiega la scelta: «Eroe come fulcro, essenza stessa del racconto teatrale. L’eroe che pronuncia “ero” attiva un principio di memoria di cui il teatro diventa portavoce. Zero Beat intende in questo caso utilizzare la ricerca teatrale come strumento d’indagine. Ci sono fatti e persone di straordinario interesse, che per svariate ragioni risultano assopiti tra le pieghe della storia».
La vicenda umana e politica di Camillo Berneri, consumatasi negli anni tra le due guerre mondiali, è sicuramente quella di una “anomalia”. Mentre la politica europea si andava inquadrando, irregimentando sempre più nella forma dei partiti autoritari (con il fascismo in Italia, il nazismo in Germania e il modello comunista sovietico esportato dalla Terza Internazionale), Berneri da parte sua continuava ostinatamente a difendere l’autonomia dei singoli e l’idea di una libertà responsabile. Da questa critica morale alla propria epoca scaturiva un peculiare approccio alla politica, che Berneri intendeva, in senso proprio, come possibilità, come poter essere, anziché dover essere. Il gusto per la sperimentazione e per la ricerca intellettuale, comunque sempre accompagnati da un forte senso del limite e della complessità del reale, hanno reso Berneri indigeribile anche all’interno degli stessi ambienti anarchici, solitamente ancorati alla tradizione ottocentesca.
Espatriato nel 1926, per via del fascismo scontò dieci anni di esilio, fatti di generosa militanza, «facchinaggio» giornalistico e incontri affascinanti, ma anche di nostalgia verso la propria terra, di lavori umili e malpagati, di decreti di espulsione e brevi permessi di soggiorno, di carcere e indigenza, mentre il regime di Mussolini si consolidava fino alle conquiste coloniali, vanificando l’opposizione degli esuli. All’inizio del ’36, Berneri è ormai oppresso dalla propria impotenza e parla apertamente di sconfitta dell’antifascismo, quando improvvisa in estate si accende la speranza rappresentata dalla guerra civile spagnola e da una possibile rivoluzione libertaria in quel paese. Berneri parte immediatamente per Barcellona, dove fonda insieme a Carlo Rosselli e al repubblicano Mario Angeloni una colonna mista italiana, che combatte a fianco della CNT-FAI. Sulle pagine di “Guerra di classe”, il giornale che dirige a Barcellona, Berneri attacca con lo stesso rigore i regimi totalitari di Roma, Berlino e Mosca, insieme ai loro rispettivi alleati in Spagna. La sua è una voce sgradita e pericolosa. Sanno che non si piegherà. Alla prima occasione, nel maggio ’37, viene assassinato da sicari comunisti.
(www.zerobeat.it)

Condividi :